All’interno del comune di Tremezzina (CO), nella frazione di Ossuccio, si trova un’abbazia in stile romanico abbandonata da secoli e immersa completamente nella natura: è l’abbazia di San Benedetto in Val Perlana.

La Val Perlana è uno stretto passaggio che unisce Lenno a Ossuccio. A nord è contornata dal Monte Tremezzo, dal Monte Galbiga (da dove nasce il torrente che dà il nome alla valle), dal Monte di Lenno e dalla Cima della Duaria. Ancora non urbanizzata, la Val Perlana racchiude in sé molte attività: una possibile visita al Sacro Monte di Ossuccio o all’ abbazia di Acquafredda per gli appassionati di arte, mentre per i più sportivi c’è la possibilità di fare canyoning grazie alla sua conformazione scoscesa e dirupata man mano che ci si avvicina al lago.

Camminare verso l’abbazia di San Benedetto

La Val Perlana è un piccolo scrigno a ovest del lago di Como e conserva al suo interno la perla preziosa di San Benedetto, un esempio cristallino di stile romanico. Oggi possiamo purtroppo vedere solo qualche traccia del complesso architettonico abbaziale che era un tempo.

L’abbazia, che si trova a 815 metri sul livello del mare, può essere raggiunta sia dall’ abbazia dell’Acquafredda (329 m) seguendo il cartello giallo sulla sinistra che indica l’antica via San Benedetto, sia dal Sacro Monte di Ossuccio (419 m), imboccando la ripida strada acciottolata a sinistra del piazzale del Santuario.

Per poter godere di questo splendido angolo di natura e silenzio si possono percorrere i due sentieri ai lati opposti della valle e immergersi tra i larici e gli abeti prima di raggiungere la semplicità architettonica dell’abbazia di San Benedetto in Val Perlana.

L’abbazia è quasi sempre chiusa, ma solitamente viene aperta per il 1 maggio, l’11 luglio per la festa di San Benedetto e, alle volte, anche per le tradizionali feste delle frazioni di Lenno e Ossuccio.

L’antica storia del monastero

Le origini dell’abbazia sono davvero antiche e risalgono all’inizio dello scorso millennio. Fu costruita tra il 1050 e il 1075, presso una sorgente tutt’oggi esistente, anche se il primo documento giunto a noi riguardante la chiesa è del 1083.

La comunità monastica che risiedeva qua ebbe vita breve e nel giro di pochi secoli il complesso monastico era già disabitato. Probabilmente la costruzione dell’ abbazia di Acquafredda a Lenno, più vicina alle vie di comunicazione, fece passare in secondo piano l’abbazia immersa nel bosco.

Nel 1298 le strutture dell’abbazia furono abbandonate dai monaci e subirono un lento degrado.

Nell’Ottocento contadini e pastori iniziarono a utilizzare i luoghi abbaziali per scopi differenti: il chiostro fu abbattuto e delle stanze furono usate come stalle per gli animali o utilizzate come abitazioni rustiche per i lavoratori.

Lo stile per un luogo di spirito

Tutto il complesso è di stile romanico lombardo, molto semplice, con murature a vista realizzate dai maestri comacini con conci squadrati della tipica pietra calcarea della zona, quella di Moltrasio.

La chiesa è formata da tre navate, terminanti in absidi semicircolari, con aperture molto strette a monofora. Tipicamente nelle chiese romaniche non doveva entrare mai troppa luce per permettere il raccoglimento religioso.

Altra caratteristica del romanico lombardo sono gli archetti pensili o ciechi presenti per sottolineare la base del timpano centrale, mentre una seconda fascia si snoda al di sotto degli spioventi accompagnando la tipica facciata a capanna.

Il campanile, viste le notevoli dimensioni, ha fatto ipotizzare di essere stato utilizzato anche come torre di avvistamento o come magazzino per la difesa delle provviste.

I restauri della chiesa

Nel 1958 furono eseguiti dei primi restauri, ma purtroppo i loro effetti non furono duraturi e già negli anni Ottanta il degrado era già importante.

Nel 1985 si ipotizzò di recuperare il monastero e la chiesa, non solo artisticamente, ma anche a livello religioso; due anni più tardi fu costituita l’ “Associazione San Benedetto in Val Perlana”.

Nel 1989 iniziarono i lavori di recupero del corpo centrale e dei fabbricati grazie ai contributi dell’Istituto San Paolo e della Provincia di Como, mentre negli anni Novanta la copertura della chiesa fu rifatta e si sistemarono degli arredi interni ispirati alla semplicità romanica, cercando di ricreare quello che un tempo doveva essere un tempio di suggestione spirituale.

Nel 2011 l’“Associazione San Benedetto in Val Perlana” si è sciolta e il recupero totale è ancora in fase di stallo. La speranza è quella di vedere presto la realizzazione di nuovi interventi per riportare la chiesa agli antichi splendori.