Per una transizione verso una società a zero produzione netta di anidride carbonica, sempre più rilevanti saranno le operazioni di cattura e sequestro della CO2. Rimuovere parte dell’anidride carbonica presente in atmosfera ci consente infatti di ridurne la concentrazione e potrebbe in futuro consentirci di avere economie carbon-free basate ancora, seppur parzialmente, sui combustibili fossili.

In linea teorica, la questione è estremamente semplice: se per ogni molecola di CO2 emessa dalle nostre attività riusciamo a sequestrarne una, le nostre emissioni nette saranno pari a zero. È dunque sufficiente riuscire a sequestrare abbastanza anidride carbonica per consentirci di avere una società ad emissioni zero senza dover rinunciare a un viaggio intercontinentale in aereo o al condizionatore impostato a 16°C in agosto.

Come sequestrare la CO2?

Se però la teoria funziona bene, la pratica si scontra con alcuni problemi tecnici ed economici. Innanzitutto: quanta CO2 dobbiamo sequestrare per avere un bilancio netto pari a zero? Una risposta rapida e piuttosto precisa viene dalle stime delle emissioni di anidride carbonica mondiali: se volessimo arrivare a una società carbon neutral oggi, contando soltanto sulle tecniche di sequestro della CO2, dovremmo sottrarre dall’atmosfera oltre 50 miliardi di tonnellate (gigatonnellate, Gt) di anidride carbonica ogni anno.

Bene, ok, 50 miliardi di tonnellate però sono…tantine! Come possiamo catturarle e sottrarle all’atmosfera? Beh, potremmo chiedere una mano a chi lo fa di professione da milioni di anni, vale a dire i vegetali. Creare nuovi spazi forestali è sicuramente il metodo più immediato per sottrarre CO2 dall’atmosfera: costa poco, non serve grande tecnologia, funziona al 100%. Il problema è relativo allo spazio: nel mondo, la necessità di creare terre coltivabili continua ad aumentare e, per contro, lo spazio riservato alle foreste cala costantemente. In ogni caso, anche invertendo questa tendenza, non avremmo comunque spazio sufficiente ad assorbire l’enorme quantità di CO2 emessa soltanto attraverso la riforestazione.

Non potendo contare più di tanto sull’aiuto dei vegetali e della loro efficacissima fotosintesi, ci rimangono soltanto i nostri mezzi. Sottrarre la CO2 direttamente dall’atmosfera per mezzo degli scrubber non è una strada facilmente percorribile, in quanto la concentrazione di anidride carbonica in atmosfera è relativamente bassa (poco più di 400 parti per milione o ppm). È però possibile catturare e sequestrare la CO2 laddove essa è presente in quantità decisamente maggiori, ovvero nei gas di scarico delle centrali termoelettriche.

Ad oggi, sono già in funzione nel mondo una manciata di centrali con tecnologia CCS, una sigla che sta per l’inglese Carbon Capture and Storage, in italiano “cattura e stoccaggio del carbonio”. Queste centrali sono in grado di intrappolare l’anidride carbonica presente nei fumi di scarico e di sequestrarla, conferendola in specifici depositi. In questo modo, è possibile utilizzare i combustibili fossili per la produzione di energia elettrica senza emettere una sola molecola di CO2.

Problemi connessi al sequestro di anidride carbonica

I problemi, però, sono moltissimi: la tecnologia ha attualmente costi proibitivi e lo stoccaggio dell’anidride carbonica rappresenta un problema non di poco conto. È necessario infatti trovare depositi geologicamente sicuri per evitare dispersioni che sarebbero estremamente pericolose e sufficientemente grandi per ospitare le centinaia di miliardi di tonnellate che dovremo sequestrare nei decenni a venire. Un’impresa che tende all’impossibile.

Cosa ci rimane, dunque, da questo breve viaggio alla ricerca di una soluzione per fronteggiare efficacemente i cambiamenti climatici? Beh, ci resta la consapevolezza che, finché non daremo un deciso taglio alle nostre emissioni, la speranza di una società carbon free rimarrà soltanto una chimera. La cattura e sequestro della CO2 può sicuramente esserci utile nell’ottica di limitare la portata dei cambiamenti climatici, ma allo stato attuale delle cose altro non rappresenta che un debole palliativo.

Ottimizzare l’utilizzo delle nostre risorse e della nostra energia, abbandonare il più possibile l’energia fossile per passare a quella rinnovabile, ripensare il nostro stile di vita in maniera tale che risulti meno impattante in termini di anidride carbonica prodotta rimangono ad oggi le strategie migliori che possiamo applicare nella nostra epocale lotta ai cambiamenti climatici, in attesa di trovare una soluzione energetica o tecnologica più efficace.