Oltre agli acquiferi salini di cui abbiamo parlato nel precedente articolo, un altro tipo di deposito adatto allo stoccaggio del carbonio è costituito dai giacimenti esauriti di gas e petrolio. Già da molti decenni, alcuni giacimenti in esaurimento vengono utilizzati come deposito di stoccaggio della CO2.
Il primo impianto fu inaugurato nel 1972 e, come si può facilmente immaginare vista la data, non fu pensato allo scopo di combattere il cambiamento climatico. Iniettare anidride carbonica in un giacimento di gas o petrolio in esaurimento consente infatti di aumentarne la produzione, grazie al fatto che l’idrocarburo viene spinto verso l’alto a causa della maggiore pressione. Questa tecnologia è conosciuta con il nome di Enhanced Oil Recovery (acronimo EOR), che in italiano si può rendere come “estrazione potenziata del petrolio”, ed è ancora oggi piuttosto diffusa in tutto il mondo.
Sebbene la CO2 venga effettivamente stoccata in modo permanente nel giacimento in cui è iniettata, essa consente di estrarre ulteriori quantità di idrocarburi, che verranno poi combusti e genereranno ulteriori emissioni di anidride carbonica. Pertanto, le tecniche EOR non costituiscono un metodo di stoccaggio efficace dell’anidride carbonica, poiché la combustione dell’idrocarburo estratto compensa la quantità di carbonio stoccata.
Nel 2004 iniziarono le operazioni di pompaggio nel giacimento di gas esaurito di In Salah, nell’Algeria Centrale. Fu questo il primo progetto di stoccaggio del carbonio in un giacimento esaurito che non prevedesse l’utilizzo della tecnica EOR. Il progetto fu teorizzato con l’obiettivo di sequestrare fino a 17 megatonnellate (Mt) di CO2, ma fu arrestato nel 2011. La compagnia iniziò infatti, dopo l’iniezione di 3,8 Mt di anidride carbonica, a nutrire dubbi sull’integrità strutturale del deposito e pertanto il progetto fu interrotto definitivamente.
Nel mondo, l’Agenzia Internazionale dell’Energia stima che nei giacimenti esauriti di gas e petrolio possano essere stoccate poco meno di 1.000 gigatonnellate (Gt) di CO2. Anche in questo caso, si tratta di una capienza decisamente importante, teoricamente in grado di creare un controbilanciamento importante alle emissioni di anidride carbonica passate.
I giacimenti esauriti di carbone
Per la loro capienza, acquiferi salini e giacimenti esauriti di gas e petrolio rappresentano le soluzioni più promettenti per lo stoccaggio dell’anidride carbonica. Anche se abbiamo a disposizione altri possibili depositi, infatti, la loro capacità molto più contenuta li relegherebbe nel migliore dei casi a un ruolo accessorio nel caso in cui il sequestro del carbonio fosse implementato su larghissima scala.
Una di queste possibilità è rappresentata dai giacimenti di carbone profondi, inutilizzabili a fini estrattivi. Questi giacimenti possono adsorbire efficacemente l’anidride carbonica, ma si stima che la loro capacità di stoccaggio a livello mondiale non superi le 40 Gt. Il loro contributo a eventuali massicce campagne di cattura e sequestro dell’anidride carbonica non potrà quindi che essere limitato, a meno che in futuro vengano scoperti nuovi giacimenti profondi in grado di aumentare decisamente una capacità finora relativamente limitata.
Nonostante l’enorme capienza dei depositi di anidride carbonica trattati in questi due articoli, lo stoccaggio del carbonio presenta dei limiti che ad oggi ne impediscono un forte sviluppo. Di questo tratteremo nel prossimo articolo, in pubblicazione nel prossimo fine settimana.