Il Buco del Piombo è un luogo magnetico che fa incontrare la geologia e la paleontologia, anche se purtroppo ad oggi non è più visitabile. La sua storia è molto affascinante e sarebbe un’ottima attrattiva turistica per l’Alta Brianza.
All’interno della Valle Bova, si trova una grotta naturale che si snoda nella roccia calcarea del complesso carsico dell’Alpe Turati, situata a quasi 700m sul livello del mare. Il nome della caverna si deve proprio alla caratteristica cromatica plumbea del tipo di roccia che la compone, che, in origine bianca, viene ricoperta da una patina di colore grigio-scuro a causa dell’alterazione del calcare.
L’ingresso del Buco del Piombo è imponente e scenografico sia per le dimensioni sia per il selvaggio contesto nel quale è collocato. Paragonabile per dimensioni alla facciata del Duomo di Milano, misura 45m di altezza e 38m di larghezza, mentre la profondità non è conosciuta con certezza.
Un tempo erano aperti al pubblico solo i primi 40 metri, ma il suo interno è caratterizzato da cunicoli che man mano si restringono sempre di più e che si estendono con un intrico di gallerie sotto al pianoro dell’Alpe del Viceré, ancora non del tutto esplorate. Tali gallerie furono scavate nei millenni dall’acqua che tutt’oggi scorre al suo interno, principalmente dall’azione corrosiva di quella piovana resa aggressiva dalla presenza di anidride carbonica disciolta in essa. Questo fenomeno che viene chiamato “carsismo” è l’ossatura geologica di tutto il Triangolo Lariano, in quanto la maggior parte dei nostri monti sono costituiti da rocce calcaree facilmente erodibili.
L’interno della grotta è molto particolare, grazie al deposito di sali minerali calcarei presenti nelle acque di scolo sulle pareti, che sulla volta danno origine a stalattiti e stalagmiti. Molto interessanti sono i reperti ritrovati durante i diversi scavi: un notevole accumulo di ossa dell’Ursus spelaeus, (mammifero estintosi attorno a 18.000- 20.000 anni fa), selci e utensili (frecce e raschiatoi) lasciati da cacciatori nomadi fin dall’era paleolitica, mentre del III sec. d.C. sono stati ritrovati vasi, cucchiai e una moneta di bronzo (conservati al Museo Civico di Erba).
Le mura che si ergono nell’androne d’ingresso sono state analizzate nel 2002, con metodo del C14, e datate al VII secolo, pare che la grotta venisse in fatti utilizzata come rifugio durante invasioni o guerre, o per sfuggire a pestilenze durante il Medioevo. La tradizione popolare racconta che nel 1160 gli erbesi vi si rifugiarono dopo aver vinto la battaglia di Carcano contro il Barbarossa e che nel 1316 il nobile cavaliere Guelfo Parravicini vi si ritirò per stendere il suo testamento. Nel XIX secolo iniziò a diventare meta di studiosi e villeggianti, alcuni molto conosciuti: il Viceré Beauharnais (1808), il Viceré Ranieri d’Austria (1819) e diverse volte la regina Margherita di Savoia.
Nel 2007 la Regione Lombardia ha riconosciuto il Buco del Piombo come “Sito di Interesse Archeologico e Ambientale”; sempre nello stesso anno, il medesimo Ente ha dichiarato la Valle Bova “Riserva Naturale parziale geologica, idrogeologica e paesistica”, affidandone la gestione al Comune di Erba.
Un tempo meta di numerosi visitatori, è chiuso dal 2011 dopo i crolli verificatisi all’interno della grotta. Il Comune di Erba è proprietario del mappale su cui insiste l’area di accesso, mentre a due privati, le famiglie Sossnovsky e Masciadri, appartiene il sito.
Si tratta di una delle grotte più famose di tutta la Lombardia, un vero e proprio museo naturale a cielo aperto, che presenta molteplici motivi di interesse. Ci auguriamo quindi che potremo presto tornare a visitare uno dei luoghi più interessanti e caratteristici della zona dell’Erbese.