La frazione di San Michele a Galbiate costituisce uno dei luoghi più affascinanti del Lecchese. Immersa nel verde bosco alle pendici nordorientali del Monte Barro, San Michele conta appena una manciata di abitanti e si riconosce per l’ingombrante presenza di una maestosa chiesa incompiuta dedicata all’Arcangelo, comandante dell’esercito celeste.

Al visitatore che per la prima volta si recasse in visita a San Michele, non potrebbe che sorgere una prima, logica domanda: per quale motivo una costruzione così imponente sorge in un luogo così isolato? La risposta risiede nella millenaria storia dell’abitato e degli edifici religiosi lì presenti.

Le origini del luogo di culto

La prima attestazione ufficiale della presenza di una chiesetta dedicata a San Michele risale al 1146, anno in cui l’Arcivescovo milanese Oberto da Pirovano la attribuisce al monastero milanese di San Dionigi. Un’ipotesi in circolo da tempo suggerisce che la datazione del primo oratorio di San Michele possa risalire all’epoca longobarda; la conferma delle fonti scritte è assente, ma la dedicazione al Santo protettore dei Longobardi e i recenti ritrovamenti dell’epoca nella vicina località di Monte Castelletto paiono essere due indicazioni piuttosto valide a conferma di questa tesi.

Qualunque sia l’origine dell’oratorio, sappiamo per certo che nel 1608 esso fu oggetto di visita del Cardinale Federico Borromeo, che ne descrisse lo stato di grave decadimento e le dimensioni assai contenute, limitate a circa 25 metri quadri. Pochi anni dopo, tuttavia, le manifestazioni di pietà e devozione verso i morti di San Michele lì sepolti iniziarono a generare un consistente numero di processioni penitenziali e una discreta somma di elemosine; la conseguenza di questo fatto fu l’inizio di una lunga e complessa disputa tra Galbiate e Lecco per la rivendicazione del luogo e dell’annesso oratorio. Il contenzioso, accesosi già dal 1622, durò per tempi decisamente lunghi, tanto che si concluse definitivamente soltanto nel 1665 con l’attribuzione della località a Galbiate.

La fiera di San Michele a Galbiate

In questi decenni, San Michele diventa un luogo in cui sacro e profano si intersecano: al sacro delle processioni e del culto dei morti, cresciuto ulteriormente dopo la sepoltura dei defunti a causa della peste del 1630, si affianca il profano dell’omonima Fiera, contraddistinta da balli, banchetti e persino spari di mortaretti. A seguito della vittoria della causa da parte dei galbiatesi, l’oratorio viene completamente ristrutturato grazie al sostanzioso contributo del notaio Francesco Spreafico. Nel 1682, l’oratorio a pianta ottagonale viene finalmente inaugurato ed è visibile ancor oggi sotto la ben più grande costruzione incompiuta; pochi anni dopo, nel 1690, fu inaugurata anche la prospiciente cappella di Sant’Anna che testimonia una volta di più il legame tra questa località e il culto dei morti. Sant’Anna, madre della Madonna, è infatti comunemente invocata per ottenere la buona morte, in quanto alla stessa erano state risparmiate le sofferenze dell’agonia.

È in questi stessi anni che nasce l’idea di costruire un grandioso edificio ecclesiastico a San Michele. Alla morte di Francesco Spreafico, nel 1682, il notaio destina un’ingente quantità di denaro alla costruzione della futura chiesa già progettata dall’ingegnere milanese Attilio Arrigoni, conosciuto principalmente per essere la firma della Rotonda della Besana a Milano. I lavori iniziarono soltanto nel 1718, dopo la morte dell’ultimo usufruttuario dell’eredità, e si protrassero fino al 1727, quando si interruppero a causa della ristrutturazione della Parrocchiale di Galbiate. Dopo una ripresa negli anni Quaranta del Settecento, la chiesa fu ultimata nella sua struttura portante e provvista di un tetto nel 1752.

Il lento declino

Tuttavia, nel corso del Settecento, e specialmente dopo la realizzazione dell’Oratorio del Cantino di Galbiate nel 1730, la devozione popolare dei galbiatesi per i morti di San Michele si affievolì gradualmente e così il grandioso progetto della chiesa di San Michele viene interrotto definitivamente. Il luogo andò incontro a un graduale declino religioso, ma contemporaneamente diventò una meta di gradevoli scampagnate e sede della frequentatissima Sagra di San Michele. Nel 1885, la località ricevette anche la breve visita della Regina Margherita e fu oggetto di un bellissimo scritto di Antonio Stoppani pubblicato al fine di raccogliere fondi per la costruzione del monumento dedicato ad Alessandro Manzoni (qui il link: http://www.parcobarro.it/barro/Stoppani.pdf).

Negli anni Trenta, la Sagra perse gradualmente importanza e, quando il tetto della Chiesa crollò nell’aprile del 1939, la località si ridusse a meta di felici passeggiate. A partire dagli anni Novanta, il Parco Monte Barro iniziò a studiare un restauro conservativo dell’edificio ultimato ed inaugurato nel 2008. Da quell’anno, la tradizione della Sagra di San Michele è stata ripresa e si tiene ogni anno durante l’ultimo fine settimana di settembre. Tra fine giugno e inizio luglio, il maestoso edificio incompiuto è oggi sede di spettacoli teatrali che si arricchiscono del fascino unico che la località acquisisce nelle tiepide sere estive.