Nella scorsa primavera vi avevamo già descritto la storia e la maledizione dell’isola Comacina. La nostra narrazione si era tuttavia interrotta verso la metà del secolo scorso, quando tre soci decisero di aprire un ristorante sull’isola.
Le ultime parole famose
“Non suoneranno più le campane, non si metterà pietra su pietra, nessuno vi farà mai più l’oste, pena la morte violenta”
Questa furono le parole che pronunciò il Vescovo Bidulfo nel 1169 e che furono l’inizio della maledizione dell’isola Comacina.
Sull’isola non sarebbe più stato possibile costruire, né tantomeno fare affari. Nel XX secolo, tuttavia, ignorando le parole di Vidulfo, tre temerari decisero di tentare la propria sorte proprio sull’Isola.
Fu così Carlo Sacchi e Sandro De Col si misero in contatto con Lino Nessi, conosciuto come “Cotoletta”. I tre fondarono insieme, nel secondo dopoguerra, il club “Amici dell’Isola”, con l’intenzione di aprirci un ristorante.
Le morti misteriose
Carlo Sacchi era un setaiolo di Como con una grande fama di conquistatore di donne. Fu proprio una delle sue amanti che ne causarono la morte, in quello che passò alla storia come “delitto Bellentani” o “delitto dell’ermellino”. L’omicidio, commesso nel 1948 per mano di Pia Caroselli, fece scalpore per molto tempo anche sui giornali della stampa nazionale, in quanto i protagonisti erano aristocratici e avvenne nel lussuoso hotel Villa d’Este di Cernobbio (CO).
Sandro De Col era un industriale, campione di canottaggio e appassionato di motonautica. Dal 1942 fino alla sua morte risiedette nella villa della Tremezzina (CO) che fu sede dell’AMILA (Associazione Motonautica Italiana Lario). Nel giugno del 1949, mentre era a Pavia per una gara, De Col venne a sapere che la storica competizione motonautica Pavia-Venezia sarebbe stata ripristinata di lì a poco, dopo l’interruzione dovuta alla guerra. Da questa conoscenza, ebbe l’idea che anche Como potesse avere la sua maratona motonautica: la Centomiglia del Lario. I fondi per dare il via a questa competizione furono assicurati da Remo Cademartori, che nello stesso mese staccò un assegno da un milione di lire a De Col. Il 4 settembre 1949 il tracciato ospitò la sua prima gara ufficiale: Como – Lecco – Colico – Isola Comacina – Como.
Quell’edizione della Centomiglia del Lario fu la prima e unica a cui Sandro De Col poté partecipare, a causa dell’incidente che ne causò la morte durante il Gran Premio di Francia del 1950 nelle acque del Rodano.
In un biennio, due dei tre personaggi che volevano aprire il ristorante sull’isola Comacina morirono tragicamente, proprio come tuonava la maledizione posta sull’isola quasi 800 anni prima.
Il rituale del fuoco
Dopo la morte dei suoi soci, il Cotoletta si convinse che fosse necessario in qualche maniera porre rimedio alla maledizione che gravava sull’isola, anche a causa dei piccoli inconvenienti che accadevano di continuo sull’isola maledetta durante la costruzione del ristorante.
Il Cotoletta contattò così la giornalista inglese Francis Dale, che si trovava in soggiorno sul lago di Como. Dale aveva approfondito la storia dell’isola e sapeva che i primi coloni furono i Greci, provetti navigatori, portati dai Romani per popolare il lago.
Francis suggerì di svolgere un antico rituale, l’esorcismo del fuoco, un tempo svolto con lo scopo di ringraziare il raccolto. Il Cotoletta ascoltò la giornalista e il rituale fu effettivamente svolto; in effetti, i lavori per il ristorante giunsero finalmente al termine e da allora pare che la maledizione dell’isola non abbia più mietuto vittime. Per colmo di sicurezza, il proprietario del ristorante decise di perpetuare il rituale ad ogni pasto consumato: è infatti sin dall’apertura del locale che ai clienti viene servito il caffè preparato con il rito del fuoco, tradizione che ancor oggi attrae un gran numero di turisti da tutto il mondo. Anche dopo il passaggio di proprietà da Lino Nessi a Benvenuto Puricelli, il rituale continuò ad essere proposto ad ogni cliente nel momento in cui il caffè viene servito.
Per maggiori informazioni sul ristorante dell’Isola potete far riferimento a questo link, mentre se foste interessati a leggere qualcosa di più su come il Cotoletta riuscì a portare a termine il suo sogno, vi suggeriamo la lettura del libro “L’isola che c’era” scritto da Albertina Nessi, figlia di Lino.