“Oh beato terreno
del vago Eupili mio,
ecco al fin nel tuo seno
m’accogli; e del natìo
aere mi circondi;
e il petto avido inondi!”
Ecco ciò che scriveva Giuseppe Parini nella sua ode nel 1759 riguardo alla sua Brianza, tornando da Milano. L’ode, che verrà pubblicata solo nel 1791, si intitola “La salubrità dell’aria” e tratta della tematica dell’aria e del suo inquinamento, specialmente quello milanese dovuto a coltivazioni nocive e alla presenza di rifiuti.
“Eupili” era l’antico nome latino del lago di Pusiano e l’autore lo cita per identificare il suo ritorno a casa, essendo lui nativo di Bosisio. In questa prima sestina si capisce che è contento di poter tornare ai posti della sua infanzia in quanto la descrive come una terra felice (beato) e piacevole (vago). Si sente accolto nel suo seno e il lago lo avvolge con aria (aere) natale e riempe (inondi) il suo petto desideroso (avido) di aria pura.
Perché tornare in Brianza fa pensare a Parini di poter tornare a respirare?
Ai suoi tempi esistevano molte risaie a ridosso del perimetro urbano milanese e le piantine di riso dovevano restare immerse nelle acque stagnanti. Venivano costantemente allagati i prati per creare le marcite e per aumentare la produzione di foraggio destinato all’allevamento. I ristagni d’acqua diffondevano esalazioni malsane, zanzare e malaria. Nei quartieri milanesi l’inquinamento atmosferico e il fetore sgradevole erano accentuati dalla raccolta dei rifiuti organici (letame, carogne di animali), trasportati dai carri con i coperchi spalancati, senza rispetto per le prescrizioni legislative sullo smaltimento dell’immondizia.
Giuseppe Parini nacque il 23 maggio 1729 e si formò presso i sacerdoti di Bosisio, per poi trasferirsi a Milano a causa delle difficoltà economiche che dovette affrontare la famiglia. Una vecchissima prozia decise di prendersi cura di lui, dall’età di dieci anni, lasciandogli una piccola rendita che il giovane avrebbe potuto utilizzare solo a patto di ordinarsi sacerdote. Continuò così i suoi studi presso i barnabiti al Liceo classico di Sant’Alessandro, l’attuale “Cesare Beccaria”.
Nel 1754, conclusi ormai gli studi e presi gli ordini, Parini venne introdotto negli ambienti della nobiltà intellettuale milanese e, in particolare, diventò precettore presso il duca Serbelloni. Già due anni prima aveva iniziato il suo esordio poetico e venne accolto nell’accademia di Trasformati, uno dei più rinomati centri culturali di Milano.
L’esperienza nella casa del Duca si protrasse fino al 1762 e, solo qualche anno più tardi, ispirò “Il Mattino” e “Il Mezzogiorno”: due poemetti con cui l’autore raccontò i vizi della nobiltà parassita e corrotta. Il prestigio che seguì alla pubblicazione delle due opere rese Parini abile ad accedere a diversi incarichi pubblici, così da sottrarlo alle difficoltà economiche che lo avevano sempre osteggiato.
Parini morì a Milano il 15 agosto 1799, all’età di 70 anni, e lasciò i suoi manoscritti ai nipoti, i quali ne misero all’asta alcuni, mentre altri andarono dispersi. Una parte fu acquistata da un fedele allievo del Parini, Francesco Reina, che realizzò con essi un’edizione integrale delle opere di Parini. Nel 1910, i manoscritti acquistati da Reina giunsero alla Biblioteca Ambrosiana di Milano, dove si trovano ancor oggi.
Il suo comune natale, Bosisio, cambiò il proprio nome per onorare le memoria del suo celebre compaesano. Oggi a Bosisio Parini esiste un “itinerario pariniano” che ripercorre i luoghi legati alla sua figura: la chiesa, la fonte battesimale, le lapidi, la piazza e la sua casa natale.
Maggiori informazioni a riguardo si trovano sul sito della Pro Loco di Bosisio Parini.