L’Epifania è il giorno che tutte le feste si porta via, ecco perché ad Albese con Cassano (CO) si mangia qualcosa di speciale: i cammelli e gli sgaratà.
Nella piazza Volta di Albese esiste un luogo incastonato nel cuore di molte persone per la qualità, la creatività e la competenza nella prosecuzione delle tradizioni. Il negozio Casartelli è una pasticceria con laboratorio artigianale a conduzione familiare dal 1979, sempre al passo coi tempi, perché li potete trovare anche sulla piazza virtuale di Facebook e Instagram.
La tradizione dei cammelli
L’Epifania non è solo la festa della Befana, ma anche quella dei Re Magi e quest’ultimi usavano come mezzo di trasporto i cammelli. La leggenda vuole che le reliquie dei Magi passarono dalle zone del Varesotto, dopo essere state rubate dal Barbarossa nella chiesa di Sant’Eustorgio di Milano, per essere portate all’arcivescovo di Colonia da Federico II stesso. Ecco come mai per la notte della Befana in molte pasticcerie e bar nella provincia di Varese vengono creati dei dolci a forma di cammello.
I cammelli di Albese
La tradizione si è sparsa anche nel comasco ed è arrivata fino ad Albese con Cassano. Non si sa esattamente da quando, ma sicuramente già prima della Seconda Guerra Mondiale, fin dai primi giorni dell’anno i panettieri di paese (“Multenon” e “Canali”, oggi entrambi chiusi) creavano dei dolci a forma di cammello. Nell’anno di apertura della pasticceria, la famiglia Casartelli ha deciso di tenere viva la tradizione e da allora i cammelli sono di delicatissima sfoglia, resi lucidi grazie al composto di acqua e zucchero applicato sul sottile strato superiore per donargli brillantezza.
Ad Albese esistono le varianti creata con la frolla, quelli “abbronzati” per aver passato più tempo nel forno o quelli “da infermeria” che vengono rattoppati, quando possibile, con del cioccolato. A Busto Arsizio (VA), Gallarate (VA) e Varese invece ne sono stati creati di diversi tipi: con crema, cioccolato, con la panna o sotto forma di crostata. Si può dire che i pasticceri hanno lasciato…galoppare la fantasia!
Tra Comasco, Lecchese e Varesotto ci sono altre pasticcerie che producono i cammelli: alle nostre orecchie sono giunte quelle di Pianello del Lario (CO), Appiano Gentile (CO), Cernobbio (CO) e Domaso (CO). A Mandello del Lario (LC) si producono invece i “cavalet”, altro tipico mezzo di trasporto dei Re Magi.
Gli sgaratà
Il termine sgaratà ad Albese pareva essere un sinonimo dei cammelli perché usato per descrivere i dolci dell’Epifania, ma Elisa Bolognini della pasticceria Casartelli ha voluto indagare sulla tradizione e ha scoperto, grazie alla memoria delle signore Pina, Mina e Nena, che erano dei dolci completamenti diversi, fatti con pasta lievitata e a forma di pupazzi.
Il termine è dialettale e significa “sbilenco”, “sciancato”, “storto” perché, a differenza dei cammelli, per la loro realizzazione non esiste uno stampo, ma vengono tagliati a mano uno per uno.
L’imperfezione li rende perfetti: usando uvette e cioccolato per fare gli occhi e i bottoni, questi pupazzi da pochi anni sono entrati di nuovo a far parte della tradizione albesina.
La produzione è ancora limitata quindi consigliamo, dal prossimo anno, di chiamare qualche giorno prima e prenotare il proprio sgaratà di Albese.
Altre forme di “papurot”
Cercando un po’ nelle zone limitrofe si trovano dei dolci simili, ma nessuno porta il nome sgaratà come quello di Albese. Desio (MB) e Lissone (MB) ne rivendicano la paternità e li chiamano “papurot” o papurogio, a Bellagio (CO) “popurot”, a Barni (CO) “pupit”, mentre a Mandello del Lario (LC) vengono chiamati “pupulot” o “pupola”. Un nome differente, ma con la stessa forma, si trova a Lentate sul Seveso (MB), dove vengono identificati come pasqualotti.
Non ci siamo allontani
molto da Albese, eppure i nomi dialettali si sono diversificati, modificati e altre volte italianizzati. Ci teniamo a ribadire quanto sia importante che la lingua lombarda non vada persa, anzi andrebbe studiata per riportare a noi tanti segreti e tradizioni come lo sono stati gli sgaratà di Albese. Per approfondire in leggerezza la quotidianità del lombardo vi consigliamo la lettura di questo articolo sui più conosciuti proverbi laghée.
Leggenda del papurot
A Lissone, nell’Ottocento, viveva la famiglia Battaglia, baroni di nascita. Gaetano e Lucia ebbero un bambino, Achille, e la levatrice Maria, vedendolo in salute esclamò: “Ma vardè che bel papurott”.
La baronessa Lucia ordinò al cuoco di casa di creare un dolce da donare a tutti i bambini del borgo e Antonio, abile pasticcere che era, non impiegò tanto a creare qualcosa con gli ingredienti che stava usando per la prima colazione dei signori: un impasto di farina, lievito e zucchero, latte e uvetta.
Antonio decise di prendere quella pasta, stenderla e dargli la forma di un bambolotto, occhi e burigell creati con l’uvetta e infine infornato.
La baronessa Lucia, entusiasta del risultato, chiese che tutti i bambini di Lissone per la prossima festa dei Re Magi ricevessero quel dolce a forma di pupazzo.