Molti artisti hanno viaggiato sul lago di Como terminando come di consueto il Grand Tour europeo in Italia, ma molte donne hanno avuto il cuore spezzato durante il soggiorno lariano di Ugo Foscolo.

Il poeta si descrive

Ugo Foscolo, nato il 6 febbraio 1778, era originario di Zante, isola greca conosciuta oggi come Zacinto, ma italiano in quanto il territorio era sotto il dominio della Repubblica di Venezia. Sempre stato energico e passionale, si autodefinì negli ultimi versi del sonetto “Solcata ho fronte”

Pronto, iracondo, inquieto, tenace:
Di vizi ricco e di virtù, do lode
Alla ragion, ma corro ove al cor piace:
Morte sol mi darà fama e riposo.

Durante gli anni viaggiò molto per l’Italia anche perché viveva molto profondamente i cambiamenti politici del periodo e aveva sempre amici a disposizione che gli offrissero un luogo dove riposare e farsi ispirare dal panorama o dalle belle figliuole.

La storia con Cecchina

Nel 1807 Foscolo iniziò a frequentare la famiglia Giovio di Como e fu anche ospite di Villa del Grumello (già Celesia) acquistata dal conte Gian Battista Giovio nel 1775. Si narra, ma mancano prove scritte certe a riguardo, che il poeta avesse puntato alle altre figlie del conte, Vincenzina e Felicia, prima di devolvere completamente la sua attenzione per Francesca, chiamata affettuosamente “Cecchina” da Foscolo stesso.
Nell’agosto 1808, pur scrivendo in una lettera che era venuto sulle rive del lago per

“vivere solo con sé e per sé”

la contessina per la quale iniziava a provare una passione, le apparve come

“la vergine innamorata che volgea gli occhi verecondi e il desiderio alla luna”.

Si narra che i due si siano innamorati sulla terrazza della villa, mentre il resto della famiglia Giovio conversava. Nel 1809, a seguito della soppressione francese della cattedra di Eloquenza di Pavia, dove insegnava, Foscolo decise di trascorrere parte dell’estate e dell’autunno insieme all’amico Giulio di Montevecchio attorno al capoluogo lariano.

Durante questo soggiorno Foscolo trovò la famiglia Giovio distaccata in quanto i suoi componenti avevano compreso l’amore, pur platonico, tra Francesca e Ugo. Oltre alle differenti estradizioni sociali, Foscolo non era uomo da legarsi stabilmente con una donna e il rapporto che aveva con i conti Giovio non poteva essere tradito in questa maniera, così Ugo si decise a scrivere una lunga lettera alla contessina il 19 agosto 1809, durante il suo soggiorno in villa, di cui vi riportiamo un estratto.

“Non sarete mia moglie finché potrò comparire vile d’innanzi a me, seduttore verso i vostri parenti e crudele con voi.
Addio, con tutta l’anima.
Addio”

Cecchina finì in sposa a un ufficiale di cavalleria francese, Victor Vautré, e i due si stabilirono a Parigi.

La passione per Lenina

La storia con Cecchina non ebbe vita lunga anche perché, nello stesso periodo, Foscolo ebbe un’altra relazione con Maddalena Marliani Bignami, questa volta non solamente platonica.

Anche prima del soggiorno lariano di Ugo Foscolo, Maddalena si era fatta notare alle feste milanesi per la sua incredibile bellezza, come avevamo già raccontato nell’articolo sui personaggi che hanno vissuto o soggiornato a Villa Amalia. È quindi molto probabile che il corteggiamento sia iniziato attorno al 1808, quando Maddalena era già maritata.

Pur essendosi conosciuti a Milano, Villa Amalia fu per loro un rifugio romantico e sicuro, anche se Foscolo non perdeva occasione per fare visita alla contessina Giovio: mentre soggiornava a Erba, raggiungeva Cecchina di notte, facendo coprire gli zoccoli del suo cavallo con degli stracci dagli stallieri per non farsi scoprire. Si dice che Ugo Foscolo abitasse a Boccogna, in una frazione di Erba, sotto lo pseudonimo di Didimo Chierico.

Maddalena, soprannominata “Lenina” e citata proprio con questo termine anche da Stendhal, ammaliava molti uomini e nella villa erbese ci fu addirittura una sorta di competizione per lei tra Foscolo e Giuseppe Bossi, autore di alcune opere presenti in villa, il quale era ritenuto il più bel pittore del milanese.

Conclusione del soggiorno lariano

La passione per Lenina era forte, tant’è che mentre soggiornava a Villa del Grumello, durante la settimana Santa, cercando di togliersi dalla mente Cecchina, Foscolo fuggì per incontrarsi con la sua Maddalena.

La relazione fu scoperta dal marito di lei e scoppiò uno scandalo: Bignami reagì molto male e Lenina tentò il suicidio. Non riuscì a togliersi la vita, ma rimase molto debole e, poco tempo dopo, si ammalò e morì.

Foscolo rimase a Milano per ancora qualche anno mentre portava a termine diversi componimenti, ma in molte sue lettere permangono tracce di quanto Lenina le fosse rimasta impressa, così tanto da impersonificare una de “le Grazie”. Nel secondo inno, la terza sacerdotessa che incarna la danza e sta simbolicamente sacrificando un giovane cigno è proprio Maddalena Marliani Bignami.
Nel terzo inno, invece, il ricordo di lei si fa molto più appassionato e, oltre a rimembrare la prima volta che l’ha incontrata, la immagina avvolta da un velo nero, mentre guarda il riflesso della luna nel lago e versa delle lacrime.

Vaga e felice i balli e le fanciulle
di nera treccia insigni e di sen colmo,
sul molle clivo di Brianza un giorno
guidar la vidi; oggi le vesti allegre
obliò lenta e il suo vedovo coro.
E se alla Luna e all’etere stellato
più azzurro il scintillante Èupili ondeggia,
il guarda avvolta in lungo velo, e plora
col rosignuol, finché l’Aurora il chiami
a men soave tacito lamento.
A lei da presso il piè volgete, o Grazie,
e nel mirarvi, o Dee, tornino i grandi
occhi fatali al lor natìo sorriso.

Se vi ha appassionato la storia tra Ugo Foscolo e Maddalena Marliani Bignami, vi consigliamo la lettura del libro “L’amore oltre ogni limite” di Orsola Moro.

Il ricordo del lago

Il soggiorno lariano di Ugo Foscolo si interruppe bruscamente a causa del tentato suicidio di Lenina, ma il lago di Como con la sua bellezza lo aveva ammaliato e si lasciò ispirare dai borghi, dai monti verdi, dai riflessi che giocano sulla superficie dell’acqua… una poesia difficile da poter descrivere, per fortuna ci ha pensato proprio lui nell’inno secondo de “Le Grazie”

Come quando più gajo Euro provòca
sull’alba il queto Lario, e a quel sussurro
canta il nocchiero e allegransi i propinqui
lïuti, e molle il flauto si duole
d’innamorati giovani e di ninfe
su le gondole erranti; e dalle sponde
risponde il pastorel con la sua piva:
per entro i colli rintronano i corni
terror del cavrïol, mentre in cadenza
di Lecco il malleo domator del bronzo
tuona dagli antri ardenti; stupefatto
perde le reti il pescatore, ed ode.
Tal dell’arpa diffuso erra il concento
per la nostra convalle; e mentre posa
la sonatrice, ancora odono i colli.